I Gruppi: i giovani e il lavoro

28/10/2017
Facebooktwittergoogle_plusmail

“Dai delegati, rispetto al tema dei giovani, la formazione e il lavoro, emerge la necessità di differenziare i percorsi che esistono per permetterci di creare maggior valore per i giovani, attraverso il tema delle competenze”. Lo ha affermato questa mattina Roberto Rossini, presidente delle Acli, presentando sinteticamente nella tavola rotonda “Giovani, scuola, formazione, lavoro” gli esiti di 33 tavoli di lavoro di svolti ieri da 330 delegati alla 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani in corso Cagliari. Tra i fattori chiave per il successo nella creazione di lavoro ci sono: creazione di reti locali; valorizzazione delle presenze sul territorio; alternanza scuola-lavoro; scambio intergenerazionale, con la scoperta per esempio del maestro; orientamento, in termini di scelte di lavoro; formazione professionale e continua; educazione all’etica del lavoro; internazionalità e globalizzazione. In sintesi, “il lavoro non è più un fatto esclusivamente individuale ma il contesto obbliga a fare determinate scelte così come i legami possono rappresentare opportunità”. Tra le cose da fare come cittadini per il “buon lavoro” i delegati hanno indicato: senso civico, cittadinanza attiva e responsabilità personale; consumo responsabile; responsabilità della comunità cristiana; l’attenzione alla parola “lavoro” non scindendo tra quello manuale e quello intellettuale; l’informare e l’informarsi. In sostanza, ha commentato Rossini bisogna “passare alle tante idee di lavoro a nuove sintesi, tenendo conto che la realtà è una”. Infine le indicazioni alla politica: potenziare le politiche attive e di orientamento; favorire le buone pratiche etiche; defiscalizzare; semplificare la burocrazia pur nella legalità; attuare la parità scolastica; realizzare un part-time verso la fine della carriera lavorativa. Ma attorno ai tavoli si è parlato anche di pensioni e servizio civile universale obbligatorio. “Emerge il desiderio di collegare la teoria alla pratica, la conoscenza al lavoro, il talento al mestiere”, ha rilevato Rossini facendo riferimento soprattutto alla formazione professionale. A queste indicazioni, si sono aggiunte le sollecitazioni di suor Carla Carelli del Cios di Cinisello Balsamo che ha denunciato come “da Roma in giù la formazione professionale non c’è o non funzione”. Invece “va diffusa e resa più solida”. Irene Ioffredo, una delle giovani impegnate nel progetto dei “Cercatori di lavOro” che hanno individuato le “buone pratiche” in giro per l’Italia ha invece condiviso il fatto che “sono poche quelle arrivate dal mondo dell’istruzione e una sola dall’università”. “Nei giovani – ha aggiunto – c’è disorientamento, avvertono un mancato accompagnamento e l’assenza di un confronto generazionale”.

“Il capitale umano, cioè la qualità del lavoro, ha un nesso diretto e provabile con il Pil”. Lo ha affermato  Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, intervenendo nella tavola rotonda. Vittadini ha spiegato che è cambiata la definizione del capitale umano: “oggi non c’è semplicemente bisogno di uno che sappia le cose ma serve flessibilità, creatività, capacità di reagire al cambiamento, capacità di giudizio e di interagire”. Serve poi “educare ad una personalità, abituare alla capacità critica, far interagire scuola e lavoro”. Secondo Vittadini, “torna di moda don Bosco che ha inventato la formazione professionale perché aveva un interesse alla persona. Proprio con l’industria 4.0 torna di moda l’educazione, dobbiamo educare e formare insieme. Chi educa e forma insieme crea il nuovo lavoratore”. Partendo dal problema della disoccupazione giovanile, Paola Vacchini, presidente di Forma, ha sottolineato la necessità di “riavvicinare il mondo dell’educazione al lavoro” che è “una sfida culturale”. Preoccupanti sono poi i dati relativi ai “tassi d’istruzione terziaria, con solo il 25% dei giovani italiani laureati” così come “è alta, soprattutto in una certa zona del Paese, la dispersione scolastica”. L’istruzione e formazione professionale (Ifp) “accoglie poco più di 300mila ragazzi a fronte circa 2,5 milioni studenti nei licei, istituti tecnici e superiori”. “L’Ifp – ha aggiunto – è una realtà che esiste, ma a macchia di leopardo laddove si è investito”. Secondo Vacchina bisogna “riequilibrare il sistema educativo”, valorizzando “una modalità di apprendere che oggi molti giovani hanno” per “permettere a ciascuno di trovare la propria strada”.

“Serve un’alleanza tra adulti che autorizzi esperienze d’impresa negli oratori. Soldi veri, non stage”. Lo ha affermato  Johnny Dotti, amministratore di On impresa sociale. Riallacciandosi ad un passaggio della relazione che il card. Bassetti ha tenuto a Cagliari due giorni fa, Dotti ha spiegato che gli oratori possono diventare spazi per “esperienze di libertà” per consentire ai giovani di intraprendere iniziando, per esempio, con il “ristrutturare mobili, coltivare i campi della Chiesa, realizzare un sito per vendere le cose ritrovate nelle cantine”. Più in generale, secondo Dotti, bisogna “entrare in una fase di esperienze istituenti di natura educativa. Esperienze che non sono già istituite a priori, che non conoscono tutti i processi”. Per questo è necessaria “un’alleanza dentro le comunità per far vivere delle esperienze reali e di libertà ai ragazzi”. “Esperienze che significano anche rischi, ma questa è la vita”, ha commentato. Dotti ha concluso con un invito ai presenti: “non confondiamo gli strumenti e i dispositivi con la passione dell’educare. Prima ci dev’essere questa, poi vengono le riforme”. La “riqualificazione continua del lavoratore” è uno dei punti toccati da Alberto De Toni, rettore dell’Università di Udine. “È il nuovo articolo 18”, ha affermato, aggiungendo che “dobbiamo lavorare sulla riqualificazione, investendo sul ‘lifelong learnig’ che è l’apprendimento continuo”. “Stiamo facendo troppo poco – ha denunciato – ed è un’autentica priorità”. Il rettore ha parlato anche delle diversità dell’Italia con gli altri Paesi relativamente al connubio scuola/università e lavoro. “L’alternanza scuola-lavoro è il cambiamento più importante fatto nell’ultimo secolo nella scuola italiana. Un che dobbiamo accompagnare”. L’ultima riflessione è stata invece dedicata al dualismo tra tecnologia e uomo. “Guardate – ha evidenziato – che il valore più grosso che le aziende oggi creano sono sul tema ‘human’, con l’innovazione ‘human based’ ad alto tasso di estetica, design, esperienza, emozione”. “Più che quello dell’industria 4.0 il tema vero è lo ‘human 4.0’. Sono gli uomini che tornano al centro”. “A fare la differenza – ha proseguito – non è il ‘digital divide’ ma lo ‘human divide’. Noi dobbiamo riportare gli uomini al centro dei processi di cambiamento. E la tecnologia è uno strumento”.

(www.agensir.it)