“Insieme a Francesco, tutti noi auspichiamo una Chiesa propositiva, partecipe e responsabile, che esce per incontrare e servire, condividendo il cammino della società e diventandone fermento”. Così il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha sintetizzato lo spirito della 48ma Settimana sociale, che si è aperta questo pomeriggio alla Fiera internazionale della Sardegna di Cagliari con un videomessaggio di Papa Francesco, durato poco meno di 15 minuti e lungamente applaudito dalla platea dei circa mille convegnisti, in rappresentanza delle 225 diocesi italiane. “Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”: queste “stupende parole” di Papa Francesco tratte dall’Evangelii gaudium, per Bassetti, “ tracciano alla perfezione il quadro d’insieme in cui si svolge la 48° settimana sociale”. “Queste giornate di Cagliari rappresentano un grande dono per noi perché ci consentono di ritrovarci insieme, con la disponibilità all’ascolto e al confronto, alla ricerca di soluzioni concrete e di piste da seguire”, ha proseguito il presidente della Cei: “E sono anche un dono per tutta la nostra Chiesa, chiamata a trovare nuove motivazioni e un maggiore slancio nel suo impegno sociale”. “Una Chiesa rinchiusa in sagrestia o nei luoghi consueti di ritrovo, mancherebbe al suo compito specifico: quello, cioè, di ‘prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi’, guidata da un ‘desiderio inesauribile di offrire misericordia’”, ha ammonito Bassetti: “Questo è quanto ci chiede il Papa nella Evangelii gaudium, la nostra carta fondamentale in questi anni, che dobbiamo meditare a fondo e attuare con maggior coraggio e determinazione”. Essere un “lievito sociale” e “vivere una forte esperienza di sinodalità”, la doppia consegna del Papa: “È questo il fine delle Settimane Sociali – ha confermato Bassetti – che non si propongono di celebrare un bel convegno, ma di entrare nel vissuto concreto delle persone e della società, nelle loro angosce e nelle loro speranze, mettendo insieme la fase critica della denuncia con quella responsabile della proposta”.
“La Chiesa – ha detto poi il Cardinale – non è un’agenzia sociale che si occupa di lavoro come un qualsiasi ufficio di collocamento pubblico o privato, ma ha profondamente a cuore il lavoro perché lo vede come un luogo in cui si manifesta la collaborazione tra Dio e l’uomo”. “Il lavoro – ha aggiunto – non è solo un dovere affinché si possa mangiare, ma è anche un luogo in cui esaltare le capacità di chi lavora con le proprie mani, come Gesù e San Paolo; un momento, inoltre, che si separa dal riposo, altrettanto doveroso e importante; e soprattutto, un momento in cui, valorizzando il binomio uomo-natura, la persona umana si fa collaboratrice di Dio nello «sviluppo della creazione”. Citando il Concilio, Paolo VI e Giovanni Paolo II, il cardinale ha auspicato “una rinnovata teologia del lavoro che tenga conto della nuova riflessione maturata grazie alla Laudato si’ e che ci porta in almeno due direzioni”. La prima, ha spiegato, è la denuncia della “radice umana della crisi ecologica”, che comporta la capacità di “mettere un freno a quella sorta di ‘potere ingovernabile’ che il Papa ha chiamato come il ‘paradigma tecno-economico’. Un sistema di potere – privo della tensione verso Dio – che riduce l’uomo e l’ambiente a semplici oggetti da sfruttare in modo illimitato e senza cura. In questo modo, il lavoro si disumanizza e diventa uno strumento di manipolazione della nostra casa comune”. La seconda strada da percorrere è quella sancita da “un semplice quanto fondamentale principio evangelico che troppo spesso viene marginalizzato nella vita quotidiana: il lavoro è a servizio della persona umana e non il contrario”.
Dire, sulla scorta del Vangelo, che “il lavoro è al servizio della persona umana e non il contrario” – ha spiegato Bassetti – significa “pronunciare dei No e dei Sì”. “Il No – ha proseguito – si riferisce al rifiuto deciso dell’idolatria del lavoro che produce solamente carrierismo, affermazione individualista di se stessi e desiderio avido di avere sempre maggiori ricchezze. Il Sì, invece, va indirizzato al rapporto fondamentale con il tempo di riposo. Il lavoro è solo una parte della giornata di un uomo. Il resto deve essere dedicato all’otium, al tempo libero, alla famiglia, ai figli, al volontariato, alla preghiera”. In definitiva, ha sintetizzato il porporato, “la difesa e la valorizzazione della dignità umana deve essere il concetto chiave di ogni teologia del lavoro”.
“Tutto il mondo occidentale è attraversato da una nuova questione sociale – che ha profondamente mutato il rapporto tra l’uomo e il lavoro, oltre che la relazione tra l’uomo e la macchina – e anche da nuove disuguaglianze sociali”. Citando il recente discorso del Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il Card. Bassetti ha stigmatizzato “l’aumento endemico e sistemico delle diseguaglianze, che è errato considerare come una fatalità o come una costante storica”. “Non è affatto un dato ineluttabile – ha spiegato – ma è determinato da dinamiche che dipendono dall’uomo e si radicano nella drammatica separazione tra etica ed economia, a partire dal presupposto che ‘gli affari sono affari’ e in essi l’etica non deve entrare”. “È così che il mondo del lavoro troppo spesso mette al centro il profitto – il monito del presidente della Cei – dimenticando la persona e rendendola di fatto schiava di logiche e strutture che la opprimono, invece che liberarla e assicurarle sicurezza e autonomia”.
“Reddito e occupazione – ha poi aggiunto – non solo stanno favorendo le generazioni più vecchie, ma stanno incentivando una drammatica emigrazione di massa dei nostri giovani”.
“Lo voglio dire senza tentennamenti: questa situazione è inaccettabile! Si tratta di un fenomeno ingiusto che è il risultato di un quadro sociale ed economico dell’Italia estremamente preoccupante”. Citando gli ultimi dati Istat, Bassetti ha parlato dell’Italia come di “un Paese vecchio, anzi, rapidamente invecchiato; con livelli di povertà costantemente superiori rispetto alla media europea; con tassi di disoccupazione estremamente alti; e con uno sviluppo economico che stenta a ripartire con decisione”. Un quadro, questo, che per il presidente della Cei “non può lasciare indifferenti tutte quelle donne e quegli uomini ‘liberi e forti’ che hanno veramente a cuore il bene comune. C’è un sistema-Paese da promuovere e da valorizzare con tutte le nostre energie migliori”. La Chiesa, da parte sua, “non intende certo sostituirsi alle istituzioni o occupare spazi impropri, ma vuole dare il suo contributo che nasce dal Vangelo e dalla dottrina sociale” e “si impegna ad approntare tutte le iniziative che sono in suo potere per promuovere il lavoro e favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di chi ne sia ancora ai margini”. Tra le varie iniziative concrete emerse nel cammino preparatorio alla 48ma Settimana Sociale, Bassetti ha citato “tre possibili impegni della Chiesa Italiana per la promozione del lavoro: l’attività degli ‘oratori come LabOratori’; in secondo luogo, la possibilità di rendere le parrocchie e le diocesi dei luoghi di indirizzo, che forniscano ai giovani le informazioni essenziali per cercare lavoro, attraverso una sezione del sito Cei, costantemente aggiornata; terzo, le borse lavoro, da creare a livello diocesano per avviare all’attività lavorativa in particolare i giovani Neet, quelli che non studiano né cercano lavoro, perché ormai privi di speranza e iniziativa”. Di qui la proposta di “sottoscrivere un protocollo-quadro a livello nazionale tra la CEI e le principali organizzazioni imprenditoriali per favorire e agevolare iniziative locali sulla base di un format nazionale, flessibile e adattabile alle singole realtà locali”.
“Il tempo delle chiacchiere è finito. Così come è ormai definitivamente concluso il tempo dei finanziamenti pubblici senza un progetto”. E’ la parte dell’intervento del card. Gualtiero Bassetti dedicata alla politica. “Questo tempo ci ha lasciato un debito pubblico, che non è solo un preoccupante costo economico per lo Stato, ma è soprattutto un drammatico costo sociale per la vita delle persone”, il monito del cardinale, secondo il quale “in Italia esiste ormai da tempo una grande questione antropologica, che è soprattutto una grande questione generazionale: mi riferisco ai tanti giovani precari e disoccupati, sulle cui spalle è caduto, non solo il costo della crisi economica scoppiata nel 2008, ma anche il costo iniquo di una politica miope che, nei decenni passati, ha sprecato risorse importanti del Paese perché non ha avuto la lungimiranza di guardare al futuro”. “Mai come oggi – l’appello – serve una politica coraggiosa che scelga come norma di indirizzo l’imperativo del bene comune: quell’imperativo che si prende cura della popolazione – a partire dai poveri e dai giovani – in modo autentico con provvedimenti concreti e non solo a parole. Le parole se le porta via il vento, i provvedimenti concreti sono invece un tentativo realistico per il futuro dell’Italia e dell’Europa”.
Oggi serve “un nuovo patto sociale per il lavoro”. Rilanciando le parole rivolte dal Papa il 28 giugno scorso alla Cisl il card. Gualtiero Bassetti, ha detto ancora: “Un patto sociale, aggiungo io, che oltre a salvaguardare la dignità umana sappia, al tempo stesso, creare occupazione e sviluppare veramente l’Italia con degli investimenti mirati per un grande progetto per il Paese e non solo con delle misure emergenziali”. “È forse giunto il momento per proporre un grande Piano di sviluppo per l’Italia, che si basi su due elementi di cruciale importanza: la famiglia e la messa in sicurezza del territorio”, la prima proposta concreta che scaturisce dalla Settimana sociale di Cagliari. “Bisogna avere il coraggio di investire su questi due fattori che possono essere concretamente due traini per il mondo del lavoro e per un migliore equilibrio della società”, ha spiegato Bassetti: “perché la famiglia e il territorio sono due elementi che hanno, al tempo stesso, una grande caratura morale e un immediato ritorno economico”. “Investire sulla famiglia con provvedimenti di natura fiscale e di Stato sociale – applicando il ‘fattore famiglia’ sulle tasse, incrementando il numero degli asilo nido e sviluppando nuove tutele della maternità e della paternità – significa favorire un diverso rapporto tra la famiglia e il lavoro, tra il tempo dedicato all’attività lavorativa e il tempo libero dedicato alla famiglia, al volontariato e al riposo”, la ricetta della Cei: “Oggi, avere a disposizione il tempo rappresenta un bene prezioso: significa non solo aumentare la qualità della vita, ma vuol dire, soprattutto, umanizzare e civilizzare i rapporti interpersonali all’interno della società”.
“Progettare un Piano di sviluppo per l’Italia” significa anche “elaborare e attivare un grande progetto per la tutela e la messa in sicurezza del territorio, del suo paesaggio e delle sue inestimabili opere d’arte”. Ne è convinto il card. Bassetti, che è partito dall’esperienza personale: “Conosco personalmente quello che vuole dire subire il dissesto idrogeologico del nostro Paese”. “Non è più possibile – l’obiezione – ridurre la nostra azione alla pur lodevole e pietosa compassione per i nostri fratelli che perdono la vita in questi tragici eventi naturali. È assolutamente doveroso prevenire queste calamità naturali con un progetto serio e concreto come avviene in molti altri Paesi del mondo”. Nel dettaglio, per il cardinale, “occorre mettere a sistema aziende private e pubbliche, snellire procedure e regolamenti e fare degli investimenti mirati nel tempo che possano portare ad assumere i nostri giovani laureati sia in materie scientifiche che umanistiche, operai specializzati e semplice manovalanza”.
“Occorre, più di tutti, dare a questo Piano di sviluppo per l’Italia un’idea alta e nobile, per il bene comune del Paese senza ridurlo all’ennesima occasione di ricerca di denaro pubblico”. È l’appello finale del discorso di Bassetti: “è fondamentale investire sulle energie morali del Paese, sui giovani talenti e su tutti quegli uomini e le donne di buona volontà che hanno veramente a cuore l’Italia e che credono che questo Paese possa crescere tutto insieme, senza strappi e senza rincorrere gli egoismi sociali, ma nel nome dei grandi uomini e delle grande donne che hanno fatto l’Italia”. “Il mio sogno – ha spiegato – è quello di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccata le maniche e in silenzio ha ricostruito il Paese casa per casa, strada per strada, scuola per scuola”. Di qui l’attualità delle parole di Giorgio La Pira, che nel 1961, a Firenze, mentre stava aspettando la visita di un politico britannico a Palazzo Vecchio, scrive: “Ho un solo alleato: la giustizia fraterna quale il Vangelo la presenta. Ciò significa: 1) lavoro per chi ne manca. 2) casa per chi ne è privo. 3) assistenza per chi ne necessita. 4) libertà spirituale e politica per tutti. 5) Vocazione artistica e spirituale di Firenze nel quadro universale della città cristiana ed umana”. “Queste semplici parole – che costarono a La Pira l’accusa di essere un ingenuo sognatore – sono ancora oggi valide”, ha ammonito Bassetti: “Perché non sono soltanto delle parole, ma rappresentano la traduzione dei più importanti principi cristiani in ambito politico. La nostra ‘vocazione sociale’ consiste in questo: nel coniugare il pane e la grazia, il diritto al lavoro con la libertà religiosa in un mondo plurale”. “Non mancano segni di speranza per il mondo del lavoro, tra i quali la parziale ripresa economica”, ha detto il presidente della Cei sulla scorta del videomessaggio del Papa proiettato in apertura: “La crescita dell’economia però non è sufficiente, qualora le sostanze non siano allocate con equità e permangano divisioni, alienazione sul lavoro e assenza di lavoro per tanti”. La Chiesa, da parte sua, è pronta a dare il suo contributo “a promuovere percorsi di formazione, inclusione e sviluppo, con l’ispirazione di quell’umanesimo cristiano del quale vogliamo farci instancabili annunciatori in ogni luogo e in ogni occasione, in modo che lo splendore che rifulge sul volto di Cristo possa illuminare ogni persona e rinnovare ogni ambito della convivenza umana”.
(www.agensir.it)