“Non possiamo all’esordio di queste giornate, non dedicare un pensiero e una preghiera a coloro che a causa del lavoro hanno perso la vita, ai loro familiari, ai loro colleghi, ai loro amici. Sono stati 696 nei primi nove mesi di questo 2017”. Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, ha cominciato così il suo intervento a Cagliari. “E non possiamo non ricordare e non pregare per almeno tre persone che hanno perduto la vita, per mano di altri uomini, perché col loro lavoro volevano riformare le regole del lavoro degli altri, rendere migliore il lavoro degli italiani”, ha proseguito ricordando Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona, Marco Biagi. “La nostra Settimana Sociale è una Settimana 4×4”, ha spiegato il relatore: “E’ stata chiamata ad arrampicarsi su piste impegnative”. Nella storia ultra-centenaria delle Settimane Sociali, infatti, il lavoro era stato messo a tema solo altre due volte, nel 1946 e nel 1970: “Erano anch’esse stagioni travagliate, passaggi d’epoca dove cambiavano paradigmi e la storia doveva scavalcare una faglia. Anche allora, erano strade in salita”. In uno studio dell’Università di Oxford, ha reso noto Gatti, si rileva che il 47% dei lavori che conosciamo non ci sarà più da qui al 2037: “Ma a estinguersi saranno le professioni che possono essere sostituite dalla robotica e dall’intelligenza artificiale. Per il resto non ci sarà necessariamente un aumento della disoccupazione, bensì un cambiamento del mercato del lavoro”. Di qui la centralità della preparazione delle competenze: “La digitalizzazione, l’automazione, la gestione dei dati delle persone, le nuove modalità di selezione e fruizione dei servizi-acquisto dei prodotti ci riguardano. Il governo dello sviluppo tecnologico ci pone responsabilità inedite”. Tra le sfide da raccogliere, Gatti ha citato quella di “intervenire per diminuire le disuguaglianze e impostare una relazione positiva tra condizione di lavoro umano e innovazione tecnologica”, superando le “nuove disuguaglianze”, e in particolare “la divaricazione tra lavoratori a più alta qualifica (con maggiore occupabilità e migliori condizioni reddituali) e lavoratori con mansioni a basso tasso di conoscenza”.
Una sorta di “manifesto” di “proposte chiare e di impegni responsabili”. Sarà questo, ha anticipato Gatti, il bagaglio che ciascuno dei mille partecipanti alla Settimana sociale di Cagliari porterà con sé. Un manifesto, ha spiegato il relatore, che conterrà “un messaggio al Paese, a tutti gli italiani: non solo ai cattolici italiani che vivono dentro e fuori l’Italia; non solo ai cattolici in Italia, quelli non italiani che vivono e lavorano in Italia. Un messaggio sul senso del lavoro, sulla dimensione politica del lavoro, sulla necessità del lavoro che unge di dignità il pane quotidiano”. Nel manifesto di Cagliari, ha proseguito Gatti, troveranno posto “gli impegni che si assume la comunità ecclesiale italiana”, sotto forma di “un pacchetto articolato di proposte concrete”. “Alcune le consegneremo al governo italiano, altre alle istituzioni europee, in particolare all’unica istituzione democraticamente eletta, ovvero il Parlamento europeo”, ha spiegato riferendosi alla giornata di sabato 29, che vedrà la presenza ai lavoro, rispettivamente sabato 29 e domenica 30, del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. “Cagliari è solo una tappa”, ha precisato Gatti, rendendo noto che “le proposte saranno di tre tipi: alcune immediatamente cantierabili, altre strutturali, altre ancora profetiche”. “Le proposte cantierabili, che cercheremo di rendere precise e tecnicamente solide, potrebbero anche trovare spazio tra le misure della Legge di stabilità per il 2018 che il presidente Gentiloni sabato probabilmente ci illustrerà nei suoi capitoli dedicati al lavoro”, la previsione del vicepresidente del Comitato, secondo il quale, invece, “le proposte strutturali potrebbero richiedere una maturazione politica e normativa di medio periodo”.
Le proposte profetiche, infine, “sono quelle che richiedono anche un passaggio culturale, istituzionale, politico, infine normativo”.