Prepararsi alla Settimana sociale che si terrà nel 2017 a Cagliari con “un metodo sinodale e partecipativo, come è stato sperimentato nel Convegno ecclesiale di Firenze dello scorso anno”, cercando di proporre “qualcosa di realmente utile al Paese”. È l’indicazione che monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, ha rivolto sabato 26 novembre a Verona, presentando l’appuntamento ecclesiale al Festival della dottrina sociale. Alle singole diocesi sono state chieste testimonianze “di denuncia e soprattutto di buone pratiche”. “Proponiamo un momento costruttivo – ha spiegato – che non si limiti alle denunce, che superi la tentazione del lamento, che soprattutto proponga qualcosa di realmente utile al Paese in materia di iniziative lavorative e anche di legislazione nazionale e locale. In questa prospettiva è determinante il contributo delle imprese”. Se il metodo della Settimana sociale sarà “lo stile sinodale”, l’elemento di fondo sarà invece “il principio di sussidiarietà, che richiama un’esigenza di raccordo degli ordini civili articolandoli in modo che nessuno possa avanzare la pretesa di possedere il monopolio degli interventi sulla società”.
“Il lavoro è degno perché è degna la persona umana. Lo è il mio lavoro di vescovo come quello dei ‘cartoneiros’ di Buenos Aires, i raccoglitori e riciclatori di cartoni, come i venditori ambulanti di Rio de Janeiro o i più sofisticati lavoratori della Nasa o della più sofisticata ricerca scientifica”, ha poi aggiunto, facendo riferimento alla lettera-invito. Nel documento “la prima prospettiva” indicata – ha ricordato il presule – “è quella che mette in evidenza l’origine della dignità del lavoro nella sacralità della persona umana”, declinandola in cinque punti: lavoro come vocazione, valore, opportunità, fondamento di comunità, promozione di legalità. Il vescovo ha poi citato il recente Incontro dei movimenti popolari promosso da papa Francesco. “I cartoneiros, gli ambulanti, i portatori abusivi di risciò del Bangladesh – ha detto al riguardo – non accettano che la loro attività sia considerata ‘economia informale’, ma preferiscono essere considerati costruttori di una ‘economia popolare’. Come si sono commossi quando mi hanno sentito parlare del loro lavoro, come ‘lavoro degno’ quando è a sostegno della vita e non del crimine”. E il pensiero di Santoro è corso all’Italia, alla sua diocesi: “Avevo presente anche i miei pescatori tarantini quando lottano per i loro diritti e quando devono fare una grande battaglia per convincere i loro figli che è preferibile la durezza e l’incertezza della pesca al facile guadagno proposto dai trafficanti e da altre forme d’illegalità”.