Le Settimane Sociali ascoltano i politici – di tutti gli schieramenti – in vista del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015). Proprio per “favorire l’adeguata preparazione di questo importante appuntamento decennale della Chiesa in Italia” la Presidenza della Conferenza episcopale italiana ha deciso di prorogare il mandato dell’attuale Comitato scientifico e organizzatore, che ha curato le Settimane sociali di Reggio Calabria (2010) e Torino (2013), riconoscendo il “prezioso e valido contributo” che il Comitato “ha già fornito e potrà continuare a offrire” in vista del grande evento ecclesiale.
La domanda di fondo posta ai rappresentanti della politica è la loro visione del futuro per l’Italia e delle condizioni necessarie per tornare a crescere e svilupparsi, “dove per sviluppo intendiamo un passaggio da condizioni meno umane a condizioni più umane”.
Comune il riconoscimento che le conseguenze della crisi mettono in discussione il patto sociale e mettono a dura prova le reti di solidarietà, anche se – d’altra parte – proprio questa crisi ha fatto riscoprire l’importanza dei legami per combattere una solitudine in crescita e che attraversa vasti strati della società.
La realtà della famiglia è strettamente intrecciata alle problematiche che attraversano la società: se da una parte viene posto il tema dei diritti civili (con diversità di proposte in base allo schieramento politico), dall’altra è comune la consapevolezza che serve una legislazione positiva per la famiglia, che la favorisca perché senza di questa la società del terzo millennio non regge. Anzi, il fallimento del progetto familiare fa crescere la povertà: una famiglia divisa porta a individui più poveri. Da più parti si avverte la richiesta di un “family act” e di politicizzare la questione demografica, prestando attenzione all’infanzia e alla scuola come “comunità” in cui crescono le giovani generazioni.
Al centro dell’attenzione pure le città, luoghi dove si sperimentano politiche urbane e nuovi modelli di welfare, ma che hanno pure subito un’edificazione talora forzata ed eccessiva, che oggi mostra i suoi limiti. Una riflessione sull’ambiente non può ignorare questo dato, cercando luoghi che siano salubri e favorevoli allo sviluppo delle persone, per un’adeguata qualità della vita.
Inoltre, la rivoluzione tecnologica porta a interrogarsi se questa sia un’occasione di crescita della società, oppure causa di un impoverimento delle relazioni, con una tecnologia che non abilita all’esperienza e provoca fragilità. Così, se una volta i giovani si mettevano in cammino e man mano acquisivano un bagaglio esperienziale, oggi siamo di fronte a generazioni “con lo zaino pieno di mezzi, ma che faticano a mettersi in cammino”.
Lo sviluppo dell’Italia chiede di rimettersi in marcia, innanzitutto recuperando un Sud dove i problemi sono decuplicati e le forze migliori tendono a fuggire, riscoprendo tutti la disciplina dell’allenamento, della quotidianità, del far ciascuno il proprio dovere anche quando ciò comporta sacrificio.
F.R.
(16 marzo 2015)