Vite che chiedono risposte

26/10/2017
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Storie positive accanto a tragedie. Esperienze da narrare con gioia e racconti dolorosi. È questo lo spaccato del lavoro italiano emerso dalle testimonianze presentate nel corso di “Le voci del lavoro”, la sessione conclusiva della prima giornata della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani di Cagliari. Introdotte dalla giornalista Vania De Luca, vaticanista di RaiNews24 e presidente dell’Ucsi, sono state raccontate tre esperienze concrete, consegnate al ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, e a Marco Bentivogli, segretario generale Fim-Cisl.

Le storie

Lorenzo Monti, 18enne di Cantù, ha mostrato tutto l’entusiasmo di chi da un anno ha la possibilità di studiare e lavorare contemporaneamente. Un’opportunità – ha riconosciuto – “da prendere al volo e sfruttare al meglio”. Lavora in un’azienda che fa mobili; una passione nata “sin da quando ero piccolo grazie a mio nonno. Andava in bottega e mi portava con sé”. “Mi piace lavorare, mi piace il lavoro che faccio”, ha rivelato, aggiungendo che questo “spero che sia il lavoro per tutta la vita”.

La cagliaritana Anna Cristina Deidda ha invece condiviso la sua esperienza come lavoratrice in una cooperativa sociale, “nata anche con il sostegno della parrocchia”. “Partiti in 9 soci fondatori, ora siamo 250 dipendenti” che si occupano di “assistenza agli anziani, maggiormente a domicilio ma anche in strutture” oltreché di minori, soprattutto nelle scuole, e di servizi di aggregazione e animazione. “Benché operiamo da 20 anni, ci sentiamo dei precari – ha denunciato – perché siamo legati alle gare d’appalto e la nostra politica è quella di cercare di non licenziare, reintegrando i nostri lavoratori o lasciandoli liberi di andare nelle altre cooperative vincitrici degli appalti”.

L’ultima, toccante, testimonianza è stata quella di Stefano Arcuri di Taranto che racconta l’esperienza della moglie Paola, “morta nei campi a 49 anni nel 2015 per omissione di soccorso”. È una delle vittime del caporalato, “una forma di schiavitù”, l’ha definita il marito. “Paola – ha spiegato – lavorava in campagna, era una mamma come tutte le altre”. Arcuri ha raccontato del lavoro disumano nelle vigne dove lavorava la moglie per “le 100-150 giornate che si riescono a fare in un anno e per i 27 euro al giorno che erano necessari alla famiglia”. “Mi moglie portava a casa 27 euro al giorno benché la busta paga ne dichiarasse 52. I 25 mancanti sono quelli che lei come tutte le donne lasciano al caporale” che “organizza il lavoro” in modo che, “nella maggior parte dei casi, sembri legale”. Quello di Paola Clemente è diventato un “caso nazionale” e Arcuri ha ricevuto minacce.

Il ministro De Vincenti

“I giovani oggi ci chiedono lavoro: ci chiedono di potersi esprimere, di poter fare. Ci chiedono orizzonti di speranza”. Lo ha detto il ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, intervenuto in dialogo con i tre testimoni che hanno raccontato le loro storie. “Tutto il Paese soffre della disoccupazione giovanile, dei Neet, dei giovani cioè, che non studiano, non lavorano e non cercano un lavoro: è un segnale di ripiegamento, di frustrazione, di dolore forte dalla parte delle persone”. Tutto ciò, ha sottolineato il ministro, “vale ancora di più per il Mezzogiorno, che ha vissuto l’impatto più forte della crisi del 2008. Al Sud la caduta del Pil è stata del 13%, contro il 7-8% del resto del Paese. Ora l’occupazione al Sud ha cominciato a crescere, ma deve crescere molto di più e i modo stabile. Abbiamo recuperato 200mila posti di lavoro nel 2015-2016, ma ne avevamo persi 500mila: bisogna tornare ai livelli occupazionali pre-crisi”. Tra i segnali positivi, De Vincenti ha segnalato la capacità di iniziative imprenditoriali dei giovani proprio al Sud e “il risveglio della società civile, che vuole prendere in mano il proprio destino”: un mondo, quello della cooperazione e del terzo settore, “dove l’etica fa l’economia”.

Il segretario Bentivogli

“L’alternanza scuola-lavoro sembra quasi una iattura: invece permette ai giovani di mettere un piede nel mondo del lavoro, anche se non sarà il lavoro della loro vita”. Ne è convinto Marco Bentivogli, segretario generale Fim-Cisl. Nella prospettiva illustrata dal sindacalista, l’alternanza scuola-lavoro è “un’occasione formidabile”, contrariamente a come spesso viene presentata, soprattutto dai media. “Noi in Italia non siamo abituati a combattere gli abusi e a valorizzare le buone pratiche”, la tesi di Bentivogli, secondo il quale l’impostazione della Settimana sociale “rappresenta un’opposizione radicale a questa cultura dello sfascio”. “Siamo un Paese in cui le cattive notizie contagiano le notizie”; la denuncia del sindacalista, per il quale bisogna invece “essere lievito affinché il lavoro dignitoso, e non il lavoro che non vogliamo, venga aiutato”.

(con la collaborazione dell’Agenzia Sir)